L’amministratore di società e il lavoro subordinato: storia di un rapporto complesso

di Eugenio Erario Boccafurni*

* Le valutazioni espresse sono personali e non rappresentano il punto di vista dell’Ente di appartenenza

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Si allega la sentenza della Corte di Appello di Bologna, n. 15/2023, depositata il 12 gennaio 2024, la quale, in una controversia avente ad oggetto il riconoscimento della natura subordinato del lavoro svolto dall’Amministratore di una società di capitali, ha ribadito che l’onere della prova «incomba sull’Amministratore il quale voglia vedere
riconosciuto in giudizio il vincolo di subordinazione con la società asserita datrice di lavoro».La pronuncia in parola ha altresì dato continuità all’orientamento di legittimità secondo cui: «la qualità di amministratore e lavoratore subordinato di una stessa società di capitali sono cumulabili purché si accerti l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale ed è altresì necessario che colui che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato fornisca la prova del vincolo di subordinazione e cioè dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società» (Cass. n. 35088/2022).
In materia si segnala l’ordinanza della Cassazione n. 813, del 19.01.2021, la quale afferma che il socio o l’amministratore di una società possono al contempo ricoprire la qualifica di dipendenti della stessa, a condizione che riescano a provare di essere soggetti ad un vincolo di subordinazione nei confronti dell’impresa: «la Corte territoriale si è attenuta al principio di legittimità (tra le altre Cass. n. 6827 del 1999 e Cass. n. 24972 del 2013) secondo cui la qualità di socio di una società di capitali (nella specie una società a responsabilità limitata) non esclude la configurabilità di un rapporto di lavoro con la società stessa purché colui che intenda fare valere il rapporto di lavoro subordinato ne provi in modo certo l’elemento tipico qualificante e, cioè, il requisito della subordinazione, il quale deve essere inteso come il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, caratterizzato dalla emanazione di ordini specifici oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e di controllo della esecuzione delle prestazioni lavorative. Analogo principio è stato affermato, sempre in sede di legittimità, con riguardo alla qualifica di amministratore di una società di capitali (Cass. n. 19596 del 2016, Cass. n. 24972 del 2013)».
Secondo il Tribunale di Padova, sentenza del 16.04.2021, invece, “Deve ritenersi che il ricorrente abbia riassunto in sé la posizione di lavoratore dipendente della società e di persona fisica chiamata a formare la volontà dell’ente, sia quanto al processo decisionale interno, sia quanto alla spendita del nome verso l’esterno. Tali posizioni tra loro sono incompatibili. La relazione intrattenuta dal XXXX con XXX è necessariamente simulata, non potendo darsi relazione contrattuale che non sia intersoggettiva, ed in particolare non potendo darsi eterodirezione quando il soggetto eterodiretto coincida con colui che ha il potere di dirigere. La possibilità di scostamenti dalla relazione logico giuridica così configurata è subordinata alla prova del vincolo della subordinazione, cioè dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo amministrativo della società”.
Della stessa lunghezza d’onda la Corte di Appello Roma, del 15.11.2019, n. 3692, la quale ribadisce che “perché sia configurabile un rapporto di lavoro subordinato è necessario che colui che intende farlo valere non sia amministratore unico della società e provi in modo certo il requisito della subordinazione – elemento tipico qualificante del rapporto – che deve consistere nell’effettivo assoggettamento – nonostante la carica di amministratore rivestita – al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso (Cass. n. 6819/2000 e successive conformi)”.