Reintegrazione e tipizzazioni delle condotte nel contratto collettivo: una disciplina ragionevole?

Con ordinanza interlocutoria n. 14777 depositata il 27 maggio 2021 (APRI) la Corte di cassazione, sesta sezione civile – L, ha sollevato ampi dubbi sulla giurisprudenza della medesima Corte che, in applicazione dell’art. 18, commi 4 e 5, della legge n. 300/1970 (come novellato dalla legge n. 92/2021), limita la tutela ripristinatoria alle sole ipotesi tipizzate dal contratto collettivo o dal codice disciplinare, che siano punite con sanzioni conservative. Diversamente, negli altri casi, il giudice applicherà la sola tutela indennitaria.

L’ordinanza, ampia e approfondita, mette in luce il rischio che da tale impostazione scaturisca un’irragionevole disparità di trattamento in quanto si legittimerebbe una tutela differenziata arbitraria.

Questa verrebbe a realizzarsi tra comportamenti non gravi, tipizzati dal CCNL e colpiti con sanzioni conservative, e altri aventi pari o minore rilevo disciplinare, non espressamente contemplati dalla disciplina contrattuale, inidonea a predeterminare in astratto tutte le fattispecie disciplinarmente rilevanti.

Infatti, solo ove il fatto contestato e accertato sia espressamente previsto da una previsione di fonte negoziale, che tipizzi la condotta del lavoratore come punibile con sanzione conservativa, il licenziamento è sanzionato con la tutela reale.

Nel caso di una condotta accertata, che non rientri tra quelle descritte dai contratti collettivi ovvero dai codici disciplinari come punibili con sanzione conservativa, la tutela è solo risarcitoria.

A tale considerazione si aggiunga poi che il riferimento ai codici disciplinari redatti unilateralmente dal datore di lavoro, amplifica detto sospetto di irragionevolezza, in quanto rimette alla volontà datoriale la gradazione delle tutele.

Una volta scrutinati i principali orientamenti di legittimità, la Sesta sezione ha, dunque, ritenuto che la questione assuma rilievo paradigmatico per una riflessione in ordine alla portata precettiva dell’art. 18, commi 4 e 5, che rende necessaria – stante la funzione nomofilattica della Suprema Corte – la rimessione alla Sezione Quarta Lavoro.