La “maxisanzione” lavoro nero non assorbe l’illecito per la retribuzione in contanti

di Eugenio Erario Boccafurni*

* Le valutazioni espresse sono personali e non rappresentano il punto di vista dell’Ente di appartenenza

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Il Tribunale di Asti, con sentenza n. 4/2023, ha chiarito che le sanzioni per la corresponsione della retribuzione in contanti non sono assorbite dalla c.d. “maxisanzione” per lavoro nero: si applica una sanzione per ogni dazione illecita.

A tal proposito, si ricorda anzitutto che le disposizioni di cui all’art. 1, commi 910 e ss., della L. n. 205/2017, prevedono “A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché’ ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi: a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; b) strumenti di pagamento elettronico”.

Sicché, il Tribunale ha ritenuto che “Non può essere condivisa la tesi di parte ricorrente, secondo cui l’illecito previsto dalle norme testé citate dovrebbe ritenersi assorbito dall’illecito di cui all’art. 3, comma 3, del d.l. 12/2002 (c.d. maxi-sanzione per “lavoro nero”), anche alla luce delle previsioni di cui all’art. 3, comma 3 quinquies del decreto”.

Di seguito il passaggio maggiormente significativo in diritto:

«il tenore letterale della norma induce chiaramente a ritenere che la condotta illecita consista nella corresponsione della retribuzione o dell’anticipo con strumenti non tracciabili, sicché si commettono tanti illeciti quante sono le corresponsioni effettuate in contanti. Né può trovare applicazione alla fattispecie concreta in esame il cumulo giuridico di cui all’art. 8 della l. 689/1981: come di recente ribadito dalla Suprema Corte, infatti, “In tema di sanzioni amministrative, allorché siano poste in essere più condotte realizzatrici della medesima violazione, l’unificazione ai fini della applicazione della sanzione secondo il criterio del cumulo giuridico, presuppone l’unicità dell’azione od omissione produttiva della pluralità di violazioni, non operando nel caso di condotte distinte, sebbene collegate sul piano della identità di una stessa intenzione plurioffensiva, né è applicabile in via analogica l’istituto della continuazione di cui all’art. 81, comma 2, c.p., utilizzabile solo per le violazioni in materia di previdenza ed assistenza tenuto conto, altresì, delle differenze tra reato ed illecito amministrativo” (Cassazione civile sez. II, 22/06/2022, n. 20129) e nel caso in esame non può dubitarsi né che 8 corresponsioni nell’arco di 9 mesi con cadenza mensile costituiscano 8 condotte distinte dal punto di vista spazio-temporale né che la materia sia estranea a quella previdenziale per la quale soltanto può operare il principio della continuazione».