Il ragionamento presuntivo nel licenziamento ritorsivo*

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Il Tribunale di Trento, con un’analitica sentenza del 7 febbraio scorso, giudicante dott. Flaim, ha accertato la natura ritorsiva del licenziamento disciplinare comminato ad un direttore di cantiere asseritamente reo di essere stato inadempiente rispetto ai propri doveri professionali e, cosa ancor più grave, di essere andato in escandescenza a seguito di un richiamo.

Sennonché il recesso datoriale sarebbe in realtà riconducibile alla volontà del lavoratore di resistere rispetto alle pretese sue dimissioni, richiesta, temporalmente poco distante rispetto al fatto posto alla base del licenziamento, arrivata dal Direttore Generale.

Il Tribunale – nel ricordare che secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (ex multis Cass. 17.10.2018, n. 26035; Cass. 3.12.2015, n. 24648; Cass. 8.8.2011, n. 17087) l’onere di provare che la ritorsione ha costituito il motivo unico e determinante del licenziamento può essere assolto dal lavoratore (su cui quell’onere grava) anche mediante presunzioni – ha chiarito che “l’esistenza di un fatto ignoto […] può ritenersi provata per presunzione ex art. 2729 c.c. qualora sia stata compiutamente accertata in via diretta l’esistenza di un fatto storico dotato di gravità, precisione e concordanza nella direzione del fatto ignoto. In proposito secondo concorde dottrina e giurisprudenza (Cass. 28.2.2017, n. 19485, Cass. 26.6.2008, n. 17535; Cass. 9.8.2007, n. 17457)”.

E dunque, entrando nello specifico del principio di diritto, il giudice trentino ha partitamente esaminato gli elementi su cui si fonda l’art. 2729 c.c.:

– “la gravità allude a un concetto logico, generale o speciale (cioè rispondente a principi di logica in genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis), che esprime nient’altro che la presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico, per cui, dato un fatto A noto, è probabile che si sia verificato il fatto B; non è, invece, necessario che l’inferenza conduca a valutazioni in termini di certezza”.

– “la precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, a un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti”;

-“la concordanza esprime un requisito del ragionamento presuntivo, che non lo concerne in modo assoluto, cioè di per sé considerato, come invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori, volendo esprimere l’idea che, intanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi”.

Non da ultimo in termini di importanza si rileva che il giudicante ha avvalorato la circostanza secondo la quale la società convenuta, nel contestare la ricostruzione attorea, non ha formulato istanza di escussione dello stesso Diretto Generale, ovvero “l’unica persona che avrebbe potuto testimoniare in ordine al contenuto del colloquio, e, quindi, nella prospettiva di parte convenuta, confermare le circostanze da quest’ultima allegate e smentire quelle affermate dal ricorrente”.

Sicché “anche da ciò prescindendo (ma fermo restando il suo elevato valore sintomatico della fragilità delle difese svolte dalla convenuta), la versione data dalla società datrice appare poco persuasiva”, dal momento che quest’ultimo soggetto “avrebbe non solo potuto, ma dovuto riferire in merito la verità; una scelta indubbiamente non casuale, atteso che la società convenuta era stata, su sua richiesta, abilitata a prova contraria”.

* Le valutazioni espresse sono personali e non rappresentano il punto di vista dell’Ente di appartenenza.