Il difficile bilanciamento tra informativa sindacale e diritto alla riservatezza

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Con un recente decreto (04.12.2022 – Giud. Salatino), il Tribunale di Lamezia Terme ha rigettato il ricorso ex art. 28, L. 20 maggio 1970, n. 300, proposto da Filt Cgil Calabria contro S.a.c.a.l. S.p.A. La condotta denunciata – si legge nel decreto – consiste nel rifiuto di fornire alle organizzazioni sindacali la copia del Piano industriale (rectius le slides proiettate durante un incontro sul tema con le parti sociali tenutosi il 27.10.21) predisposto dalla Società al fine di superare il fermo dell’attività aeroportuale causato dalla pandemia di Covid-19. L’Organizzazione sindacale ritiene che questa condotta costituisca una violazione dell’obbligo di preventiva informazione previsto dall’art. 1, punto b), del CCNL di categoria.

L’art. 1 del regolamento contrattuale prevede infatti, al punto b), rubricato “Informativa sull’andamento dell’azienda”, che debba essere fornita alle organizzazioni sindacali, con cadenza annuale, l’informativa relativa all’andamento relativo ai dati di traffico, all’andamento della produttività e alle sue prospettive di sviluppo, alle previsioni di investimenti, agli aggiornamenti significativi sui progetti in corso di realizzazione e alle ricadute sull’occupazione, alle condizioni di lavoro. Su richiesta delle OO. SS., le Aziende devono fornire anche gli aggiornamenti relativi ai programmi in atto, facendo, tuttavia, salve in relazione a ciò “le esigenze derivanti dalla salvaguardia del segreto industriale e dalla riservatezza necessaria per non pregiudicare la realizzazione delle iniziative aziendali”. Il successivo punto c) della norma pattizia ribadisce l’obbligo di preventiva informazione alle OO. SS. nel caso di fenomeni di rilevanza strategica che abbiano significativi impatti sugli aspetti occupazionali.

Accogliendo l’eccezione della Società, il Giudice osserva che, accanto all’obbligo di fornire un’adeguata informazione alle OO. SS., la disciplina del contratto collettivo applicabile non pone alcun obbligo in capo all’azienda di rilasciare copie dei documenti aziendali concernenti il Piano Industriale.

Nel corso dell’istruttoria è emerso, sentiti gli esponenti delle altre OO. SS. firmatarie del CCNL di categoria, che il piano messo a punto dalla Sacal fosse “megagalattico” e richiedesse la sinergia tra istituzioni ai fini dell’attuazione, con effetti incerti sul piano della regolarizzazione dei lavoratori stagionali e dei livelli occupazionali in generale, e che la discussione sul personale non fosse stata effettivamente tenuta, stante la genericità delle informazioni fornite. Nonostante ciò, il Giudice ha ritenuto che l’azienda avesse adeguatamente adempiuto all’obbligo di informazione posto a suo carico, in conformità a quanto stabilito dal regolamento negoziale, stante la legittimità, ai sensi del regolamento pattizio, del rifiuto di consegnare una copia del piano industriale. L’esaustività dell’informativa si sostanzia infatti nell’aver esplicitato la relazione causale tra le prospettive di sviluppo occupazionale e il ritorno a regime dell’attività, nonché in una serie di riunioni, successive al 27 ottobre, che confermavano il contenuto di un accordo del 2019 sull’assunzione di alcuni lavoratori stagionali e la trasformazione a tempo pieno di alcuni rapporti a tempo parziale.

La questione sottesa al caso di specie riguarda la possibilità che un comportamento, formalmente legittimo alla stregua delle norme della parte obbligatoria del contratto collettivo integri, comunque, gli estremi della condotta antisindacale.

Secondo parte della dottrina, che ammette in tali casi la configurabilità di una condotta antisindacale, obblighi e oneri di informazione sono ascrivibili al novero dei doveri di protezione, che sorgono in funzione della tutela di interessi diversi da quelli oggetto dell’obbligazione dedotta nel rapporto, ed integrano il regolamento contrattuale in virtù dei principi generali di correttezza e buona fede oggettiva.

Sul punto si registra una copiosa e risalente giurisprudenza di merito e di legittimità che, aderendo all’orientamento di una parte della dottrina, nega la configurabilità di una condotta antisindacale quando il rifiuto opposto alla richiesta di informazioni alle organizzazioni sindacali non integri gli estremi dell’inadempimento di una norma di legge, di un contratto collettivo o di un accordo (ex multis, Pret. Milano 04 febbraio 1983; Cass. civ., Sez. Lav., 11 ottobre 1989, n. 4063).

In base a questa costruzione, cui il Giudice della sentenza aderisce, non ogni condotta del datore di lavoro che abbia ripercussioni negative per l’organizzazione né ogni comportamento illegittimo integra, quindi, gli estremi della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28.

Muovendo dalla sentenza in esame, è possibile fare qualche considerazione ulteriore. Come noto, l’art. 28 L. n. 300/1970 è improntato al principio di atipicità: il legislatore non ha selezionato le condotte passibili di sanzione, bensì ha demandato alla giurisprudenza il compito di selezionare i comportamenti ritenuti lesivi della libertà, dell’attività sindacale e del diritto di sciopero sulla base di una valutazione che ha riguardo alla dimensione teleologica del comportamento attuato (essendo invece irrilevante l’elemento soggettivo del datore di lavoro). La ragione di questa scelta risiede nel fatto che la norma costituisce il presidio di beni tutelati al massimo rango e cioè gli artt. 39 co. I e 40 Cost.

La logica sottesa alla parte sostanziale della disposizione si riflette poi nell’aspetto procedurale, in base al quale la fase a cognizione piena e completa solo eventualmente segue la fase sommaria, che è caratterizzata da celerità e si chiude con decreto provvisoriamente esecutivo. La ratio dellanorma è quella di fornire uno strumento di tutela delle situazioni di antisindacalità ritenute più gravi in quanto lesive di precetti costituzionali e, come tali, richiedenti un intervento immediato.

Ai sensi dell’art. 28 cit., poi,il contenuto del provvedimento con cui il giudice, ravvisando gli estremi della condotta selezionata, definisce la procedura, è funzionalizzato alla cessazione della condotta antisindacale e alla rimozione degli effetti ed è, nella fattispecie legale di cui all’art. 28, parimenti improntato al principio di atipicità.

Posta in questi termini la questione, nel caso in cui si dibatta dello ius tacendi dell’impresa, si tratta di attuare un giusto ed equo contemperamento tra beni tutelati al medesimo rango: la libertà di organizzazione sindacale di cui all’art. 39 Cost., da un lato, e il diritto alla riservatezza e al segreto industriale, corollari della libertà di iniziativa economica privata garantita dall’ art. 41 Cost., dall’altro. 

È ragionevole ritenere che queste informazioni abbiano carattere strumentale per l’organizzazione sindacale e per la sua attività. La conoscenza del piano industriale, almeno per gli aspetti che concernono l’impatto sui livelli occupazionali, costituisce un elemento necessario ai fini della discussione con il datore di lavoro dei progetti economico – organizzativi che incidono sull’occupazione, sui contratti applicabili e sugli strumenti utilizzati per la gestione degli scali aeroportuali.

Come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 85 del 15 maggio 2013), qualora entrino in conflitto diritti costituzionalmente garantiti, è necessario operare “un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi”. Ciò potrebbe significare anche che, astrattamente, nulla vieterebbe all’Autorità giudiziaria di disporre, in casi simili a quello a quo, la comunicazione delle informazioni, eventualmente oscurando i dati ritenuti più sensibili dal punto di vista delle esigenze dell’impresa ed attuando un contemperamento degli interessi nell’ottica del principio di proporzionalità.

Il diritto alla riservatezza delle notizie riguardanti l’impresa può infatti essere opposto alle organizzazioni sindacali quando dalla divulgazione possa derivare un danno ai terzi oppure alla realizzabilità dell’operazione (lo scopo del segreto non può, naturalmente, essere quello di prevenire l’attività sindacale che seguirebbe all’acquisizione delle notizie); negli altri casi, si ritiene che il diritto alla riservatezza nei confronti delle organizzazioni sindacali debba essere attenuato in ragione di quando detto.