Persistono le criticità sulla gestione della rappresentatività sindacale nelle Pubbliche Amministrazioni: la legittimità dei “vincoli negoziali” sulla “rappresentatività” e l’irrilevanza del ritardo nell’avvio delle trattative finalizzate al rinnovo dei contratti collettivi dei comparti pubblici

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Lo scorso settembre, in questa rubrica, è stato pubblicato un breve commento all’ordinanza resa dal Tribunale di Palermo all’esito di un procedimento cautelare avente ad oggetto l’individuazione delle OO.SS. legittimate a partecipare alle trattative finalizzate al rinnovo del CCRL del comparto non dirigenziale della Regione Sicilia per il triennio 2019/2021 (v. ordinanza resa in data 12/7/2022).

Il commendo ha evidenziato alcune criticità nella motivazione del provvedimento, sia con riferimento all’art. 104 del CCRL del comparto non dirigenziale della Regione Sicilia per il triennio 2016/2018 – disposizione che vincola le parti negoziali (ed, in particolare, l’Aran Sicilia, parte datoriale pubblica) ad utilizzare per il successivo rinnovo l’accertamento della “rappresentatività sindacale … alla data del 31 dicembre 2017” – , sia con riferimento al riconoscimento della relativa legittimazione negoziale alle sole OO.SS. rappresentative “alla data del 31 dicembre 2017”, riconoscimento operato senza minimamente considerare la tardività con cui sono state avviate le trattative finalizzate al rinnovo e i mutamenti intervenuti dal 31/12/2017 al 31/12/2021 nel parterre delle OO.SS. “rappresentative”.

L’ordinanza è stata reclamata.

All’esito del reclamo (v. ordinanza resa il 26/10/2022), il Tribunale adito ha confermato le statuizioni rese nella pregressa fase cautelare con una motivazione che, pur essendo più esplicita ed articolata rispetto alla motivazione del provvedimento impugnato, non è idonea a superare le criticità riscontrate.

Il Tribunale di Palermo ha ribadito la “non contrarietà a norme imperative” dell’art. 104 del CCRL del comparto non dirigenziale della Regione Sicilia per il triennio 2016/2018 richiamando a tal fine il primo comma dell’art. 40 del D.Lgs. n. 165/2001: “l’art. 40 d. lgs. n. 165/2001, al comma 1, prevede, invero, con formula ampia e generale che la contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali. Non vi è dubbio, pertanto, che la citata norma negoziale intervenga in una materia, quale quella delle relazioni sindacali, che il legislatore stesso ha devoluto alla competenza della contrattazione”.

Tale richiamo, a ben guardare, è improprio.

Nell’ambito delle materie relative “alle relazioni sindacali” – la cui disciplina è rimessa alla contrattazione collettiva di comparto – rientrato istituti che attengono all’esercizio dei diritti e delle prerogative riconosciute alle OO.SS. rappresentative ed alle procedure negoziali quali, a mero titolo esemplificativo, il diritto di assemblea, il diritto di informazione, le clausole di raffreddamento e le procedure, i soggetti e le materie della contrattazione collettiva integrativa.

In tale ambito non rientra – né potrebbe rientrare – l’individuazione delle OO.SS. legittimate a negoziare i futuri rinnovi dei contratti collettivi dei comparti pubblici, materia che il legislatore ha disciplinato in modo puntuale individuando sia le modalità di rilevazione e di certificazione periodica della “rappresentatività”, sia l’organo terzo (l’ARAN) preposto in via esclusiva ad espletare tale attività (v. art. 43 D.Lgs. n. 165/2001).

Né al fine di escludere la contrarietà alle disposizioni di rango primario poco sopra richiamate (artt. 40, primo comma, e 43 D.Lgs. n. 165/2001), può affermarsi che l’art. 104 del suindicato CCRL “non interferisce minimamente su quanto previsto dall’art. 43 d. lgs. n. 165/2001 per la rilevazione della rappresentatività sindacale, limitandosi a prendere atto di un dato oggettivo quale quello della rappresentatività sindacale rilevata al 31/12/2017, senza incidere in alcun modo sui criteri e sul procedimento adottato per tale rilevazione”.

Anche tale argomentazione è priva di pregio ove si consideri che il Tribunale di Palermo avrebbe dovuto accertare (non la conformità della disposizione negoziale alle risultanze dell’accertamento della rappresentatività delle OO.SS. alla data del 31/12/2017, ma) la legittimazione di una fonte negoziale a normare l’individuazione delle OO.SS. aventi diritto di partecipare alle trattative finalizzate al successivo rinnovo e – soprattutto – l’idoneità di una siffatta disposizione negoziale a vincolare l’organo pubblico che, in modo autonomo, indipendente ed imparziale, dovrebbe verificare e certificare periodicamente la “rappresentatività” delle OO.SS. e, quindi, la loro legittimazione negoziale.

Profili questi che sono stati totalmente ignorati.

Analoghi rilievi possono essere formulati in relazione all’ulteriore problematica esaminata dal Tribunale di Palermo, quella relativa al tardivo avvio delle trattative finalizzate al rinnovo e ai mutamenti medio tempore intervenuti nel parterre delle OO.SS. “rappresentative”.

Il Tribunale di Palermo ha affermato che l’ammissione delle sole OO.SS. rappresentative alla data del 31/12/2017 è “giuridicamente corretta” essendo, da un lato, “ininfluente” il ritardo nell’avvio delle trattative e, dall’altro, applicabile il criterio della “maggiore prossimità temporale del requisito della rappresentatività rispetto all’inizio del periodo dei rapporti di lavoro che la disciplina collettiva è diretta a regolare”.

Tale argomentazione, pur essendo per alcuni aspetti condivisibile, non supera le criticità che emergono da un attento esame delle disposizioni normative.

In assenza di una specifica disposizione normativa che sancisca chiaramente la corrispondenza temporale tra l’accertamento della “rappresentatività” delle OO.SS. e i singoli rinnovi contrattuali, l’individuazione di tale corrispondenza deve essere effettuata in base ad una interpretazione sistematica dagli artt. 40 e ss. del D.Lgs. n. 165/2001 coerente con la ratio di tale normativa.

Gli artt. 40 e ss. del D.Lgs. n. 165/2001 riconducono la contrattazione collettiva e la rappresentatività sindacale nell’ambito di un sistema:

  • caratterizzato dalla periodicità della rilevazione e della certificazione degli indici di “rappresentatività” delle singole OO.SS..

Solo la verifica e l’aggiornamento periodico del consenso manifestato dai lavoratori attraverso i voti RSU e le deleghe per la riscossione dei contributi sindacali consente sia l’individuazione delle OO.SS. dotate di una effettiva legittimazione negoziale, sia il raggiungimento dei quorum prescritti ai fini della valida adozione dei contratti collettivi di comparto (v. art. 43 D.Lgs. n. 165/2001).

  • incompatibile con diritti predefiniti.

Ogni O.S. è ammessa o esclusa dai tavoli contrattuali sulla base dell’accertamento della “rappresentatività” essendo, a tal fine, irrilevanti ed ininfluenti gli esiti dei precedenti accertamenti della “rappresentatività”.

  • privo di discrezionalità.

La parte datoriale pubblica non ha – a differenza dei datori di lavoro privati – alcuna discrezionalità nella scelta o, meglio, nella individuazione delle controparti sindacali legittimate alle trattative negoziali.

L’operatività di tale sistema non presenta criticità laddove vi sia prossimità temporale tra l’accertamento della rappresentatività delle OO.SS. e l’avvio delle trattative negoziali.

Laddove, invece, vi sia un tardivo avvio delle trattative negoziali, l’applicazione del principio della prossimità temporale dell’accertamento della “rappresentatività” (non al momento in cui le trattative sono state effettivamente avviate, ma) al momento in cui avrebbero dovuto essere avviate determina una evidente violazione tanto della ratio delle suindicate disposizioni normative, quanto dei principi cardine che caratterizzano l’intero sistema delineato dal legislatore.

Ciò emerge chiaramente ove si consideri:

  • che la legittimazione negoziale delle OO.SS. sarebbe determinata in base ad un accertamento della “rappresentatività” (non attuale, bensì) antecedente sia rispetto al momento in cui sono avviate le trattative (nel caso in esame antecedente di ben quattro anni rispetto all’avvio delle trattative), sia rispetto al momento in cui la nuova disciplina negoziale avrà efficacia e troverà applicazione, e implicherebbe l’esclusione dal tavolo negoziale dei soggettivi sindacali che, essendo dotati di una rappresentatività non solo certificata, ma anche – e soprattutto – attuale, non possono concorrere a definire un contratto collettivo che avrà efficacia e sarà applicato proprio nel periodo in cui è stata certificata la loro rappresentatività;
  • che, attraverso il tardivo avvio delle trattative, la parte datoriale pubblica potrebbe incidere sulla composizione della delegazione trattante di parte sindacale riconoscendo la legittimazione negoziale a soggetti sindacali che non sono più rappresentativi e negandola a soggetti sindacali che, invece, lo sono.

Distorsioni queste che si potrebbero agevolmente evitare attraverso una interpretazione sistematica delle suindicate disposizioni normative che, in caso di tardivo avvio delle trattative, imponga l’osservanza dell’accertamento della “rappresentatività” temporalmente più vicino al momento in cui le trattative sono state effettivamente avviate valorizzando in tal modo quei fattori (non meramente formali e anacronistici, ma) sostanziali ed attuali che rappresentano la chiave di volta del sistema – dinamico, privo di diritti predefiniti e privo di discrezionalità – delineato dal legislatore.