Primi commenti sul Protocollo del Lavoro agile nel lavoro privato

È di questi giorni la bozza del “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, frutto di un accordo raggiunto tra Governo e Parti sociali per la regolamentazione dello smart-working nel settore privato al di fuori del contesto pandemico (previsto, al momento, fino al prossimo 31 dicembre).

L’accordo è il risultato di un intenso lavoro compiuto dal Gruppo di studio “Lavoro agile”, istituito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, consistito nell’analisi della situazione attuale e nel confronto con le Parti sociali, alle quali sono state proposte delle soluzioni alle numerose criticità riscontrate in questa fase di ricorso massiccio, per le aziende, al lavoro agile, il quale, si legge nelle premesse, “può favorire il bilanciamento tra sfera personale e lavorativa, ma anche dell’autonomia e della responsabilità individuale verso il raggiungimento degli obiettivi, favorendo altresì un risparmio in termini di costi e un positivo riflesso sulla produttività”.

Se ne commenteranno, qui di seguito, le disposizioni che sembrano le più rilevanti.

Il Protocollo chiarisce subito, all’articolo 1, che l’adesione del lavoratore al lavoro agile è su base volontaria e si attua mediante un accordo individuale con il datore, di cui, nell’art. 2, vengono esplicitati gli elementi fondamentali (ad es. durata, aspetti relativi alla prestazione resa fuori dai locali aziendali, strumenti di lavoro, tempi di risposo e disconnessione, etc.).

Si precisa, ad ogni modo, che l’eventuale rifiuto del lavoratore non può, in nessun caso, portare al licenziamento né avere, in generale, nessun risvolto disciplinarmente rilevante (art. 1).

L’art. 3 è dedicato alla regolamentazione del diritto alla disconnessione, forse uno dei temi più caldi sorti a causa dell’utilizzo del lavoro agile “su larga scala”, poiché foriero di diverse problematiche relative, principalmente, all’ingerenza del lavoro nella vita privata dei lavoratori e alla difficoltà nel preservare quel cd. work-life balance accennato nelle premesse.

Sul punto, specificato che la giornata lavorativa agile “si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati” (co. 1), alla tutela del diritto anzidetto è demandato il comma 2, il quale dispone che la prestazione agile può essere strutturata in fasce orarie, “individuando, in ogni caso … la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa. Vanno adottate specifiche misure tecniche e organizzative per garantire la fascia di disconnessione”.

Interessante, poiché di portata innovativa, è il disposto dell’art. 9 rubricato “Parità di trattamento e pari opportunità”, nel quale vengono riconosciute, da un lato, la parità di condizioni lavorative tra il dipendente in presenza e quello “agile” e, dall’altro, la parità nello svolgimento del lavoro agile tra i generi, “anche nella logica di favorire l’effettiva condivisione delle responsabilità genitoriali e accrescere in termini più generali la conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro” (co. 2).

Meritevole di attenzione è anche l’art. 13, disciplinante la “Formazione e informazione”, in cui vengono previsti dei percorsi formativi “finalizzati a incrementare specifiche competenze tecniche, organizzative, digitali, anche per un efficace e sicuro utilizzo degli strumenti di lavoro forniti in dotazione” (co. 1), al fine di “gestire lo sviluppo digitale attraverso un utilizzo appropriato della tecnologia, evitando qualsiasi forma di invasione nella vita privata, nel pieno rispetto della persona. Pertanto, è necessario promuovere corsi di formazione per tutto il personale per un uso responsabile delle apparecchiature tecnologiche, evitando abusi dei canali digitali” (co. 4). Argomento, questo dell’utilizzo appropriato delle strumentazioni informatiche, che è di centrale importanza per raggiungere gli obiettivi prefissati dal Protocollo in commento.

Infine, merita una menzione la previsione, contenuta nell’articolo 15, di un incentivo pubblico destinato alle aziende che “regolamentino il lavoro agile con accordo collettivo di secondo livello, in attuazione del presente Protocollo e dell’eventuale contratto di livello nazionale” (co. 1) e, al fine di incentivare ulteriormente il ricorso al lavoro agile, vi è da segnalare una richiesta unanime delle Parti sociali di “urgenti misure di semplificazione del regime delle comunicazioni obbligatorie relative all’invio dell’accordo individuale che seguano le stesse modalità del regime semplificato attualmente vigente” (co. 2).

Il documento pare di grande interesse poiché tenta di fornire soluzioni concrete ai molti problemi, e conseguenti incertezze, sorti dall’inizio del periodo emergenziale, ossia da quando il lavoro agile si è davvero imposto come una modalità alternativa di svolgimento della prestazione lavorativa.