Il principio di non contestazione supera l’art. 4, co. 3, St. lav.

Con sentenza del 6 agosto 2021 (APRI) il Tribunale di Venezia ha dichiarato legittimo il licenziamento di un dipendente che – tra le altre – si era reso responsabile di aver svolto durante l’orario di lavoro attività extra-lavorativa attraverso l’impiego del computer aziendale (segnatamente consultazione di posta elettronica personale, gestione di foto e navigazione in siti di informazione, prenotazione viaggi e spettacoli, siti pornografici, ecc.). Ciò avveniva in violazione del regolamento aziendale che escludeva l’uso dei dispositivi informatici per finalità extra-lavorative.

Il lavoratore impugnava il licenziamento e nella fase sommaria ex art. 1, co. 49, L. 92/2012 ne lamentava oltre che la ritorsività e/o discriminatorietà in ragione della sua appartenenza sindacale, anche l’infondatezza per difetto di prova (il pc a lui assegnato era sfornito di password e, dunque, non vi sarebbe stata prova che le condotte contestate fossero proprio a lui riconducibili). Solo nella fase di opposizione ex art. 1, co. 51 L. 92/2012 avverso l’ordinanza che rigettava il ricorso (per aver ritenuto gli addebiti fondati ed ascrivibili al lavoratore), il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 4 St. lav. Nel costituirsi la Società lamentava la novità di tale motivo e ne denunciava l’inammissibilità perché tardivo.

Con la sentenza che definisce la controversia, il Tribunale in primo luogo ritiene ammissibile l’eccezione di violazione dell’art. 4 St. lav., seppur – come poi si dirà – valutandola come totalmente irrilevante. Da un lato, infatti, il Tribunale ammette che si tratta di un tema “indubbiamente nuovo” (poiché “non sollevato nella fase sommaria, né nell’atto introduttivo (…) né poi in sede di prima udienza, ovvero quale prima difesa utile successiva al contraddittorio con la società che, nel costituirsi, ha puntualmente e diffusamente descritto le modalità di verifica dei fatti e ne ha dato riscontro documentale, né, infine, nel corso del giudizio, nemmeno nelle note autorizzate”), e che comporta “un tema di difesa e prova diversi da quelli originari”, rispetto ai quali “la contestazione circa l’asserito mancato rispetto delle condizioni ex co. 3 [dell’art. 4 St. lav.] deve essere puntuale e tempestiva, così che la datrice di lavoro possa difendersi in merito ed eventualmente formulare istanze istruttorie”. Dall’altro lato, però, il Tribunale ritiene comunque ammissibile il motivo poiché, se si considera la conseguenza dell’inutilizzabilità ex art. 4, co. 3 St. lav., esso sarebbe comunque riconducibile all’eccezione di mancanza di prova dell’addebito sollevata sin dal ricorso introduttivo.

Come detto, pur ammesso, tale motivo viene considerato totalmente irrilevante atteso che il ricorrente ha mancato di fornire una “specifica contestazione” dell’attività a lui addebitata. Egli, infatti, sin dall’inizio si è difeso affermando non già che tramite il suo pc aziendale non sia stata svolta l’attività di navigazione per come ricostruita dalla Società, bensì ha sostenuto la non attribuibilità della stessa a lui, vista l’inesistenza di una password di accesso.

In ragione di ciò, conclude il Tribunale, “l’eventuale illegittimità dei riscontri probatori a supporto per violazione dell’art. 4 St. lav. finisce per essere in concreto del tutto irrilevante. Da tale violazione deriverebbe, infatti, unicamente l’inutilizzabilità dei riscontri stessi, quali elementi di prova, ma non essendovi contestazione in merito, e dunque non essendo necessaria prova al riguardo, tale inutilizzabilità finisce per essere, appunto, in concreto ininfluente. Il fatto in sé è, in altre parole, certo per non contestazione, a prescindere dalla legittimità o meno delle risultanze fornite a riscontro”. 

Il Giudice conclude, quindi, ritenendo riconducibili al lavoratore le condotte non contestate (specie valorizzandone l’elevato numero nel corso di un arco temporale prolungato) e, vista la mole delle stesse, ritenendo proporzionato il licenziamento.