Confermata la non imponibilità dei buoni pasto per i dipendenti in smart working

Con la recente Risposta a interpello n. 956-2631/2020 (APRI) l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i buoni pasto concessi ai dipendenti in smart working non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. c) del TUIR.

Nel dettaglio, la fattispecie esaminata dall’Amministrazione Finanziaria riguardava l’erogazione del servizio sostitutivo di mensa, mediante buoni pasto, in favore dei lavoratori dipendenti di un Ente bilaterale confederale, i quali, in considerazione delle sopravvenute esigenze legate al contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, avevano svolto la propria attività in modalità agile nel corso del 2020.

Sotto il profilo dell’imposizione diretta, in deroga al principio di omnicomprensività che disciplina il reddito di lavoro dipendente, l’art 51, comma 2, lett. c) del TUIR stabilisce che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro quattro, aumentato a euro otto nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica”.

La ratio sottesa a tale regime fiscale di favore è ispirata dalla volontà del Legislatore di detassare le erogazioni effettuate dal datore di lavoro collegate alle esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve poter consumare il pasto (cfr. in tal senso la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 118/2006). A conferma di ciò, l’art. 4 del Decreto Del Ministero dello Sviluppo Economico 7 giugno 2017, n. 122 dispone che i buoni pasto consentono al titolare “di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto” e “sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato”.

Al riguardo, con il documento di prassi in commento l’Agenzia delle Entrate conferma che il buono pasto può essere corrisposto da parte del datore di lavoro in favore dei dipendenti assunti, sia a tempo pieno, che a tempo parziale, nonché qualora l’articolazione dell’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo(1); tale previsione, in particolare, tiene conto della circostanza che la realtà lavorativa sia caratterizzata da forme di lavoro sempre più flessibili.

Fatta questa premessa, l’Amministrazione Finanziaria evidenzia che l’art. 4 del D.M. n. 122/2017, pur non avendo natura squisitamente tributaria, assume rilevanza anche ai fini fiscali, atteso che il dettato normativo dell’art. 51, comma 2, lett. c) del TUIR contiene un espresso riferimento alle prestazioni sostitutive del servizio di mensa, disciplinate dal citato D.M. D’altra parte, invero, la normativa fiscale non prevede una definizione delle prestazioni sostitutive di mensa, limitandosi a disporne la non concorrenza al reddito nei limiti descritti.

Di conseguenza, in assenza di disposizioni che limitino l’erogazione, da parte del datore di lavoro, dei buoni pasto in favori dei propri dipendenti, l’Agenzia ritiene che per tali prestazioni sostitutive del servizio di mensa trovi applicazione il regime di parziale imponibilità previsto dalla lett. c) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR, indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.

In definitiva, posto che i buoni pasto riconosciuti ai dipendenti in smart working non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. c) del TUIR, il soggetto erogante non sarà tenuto a operare nei confronti dei lavoratori in smart working la ritenuta a titolo di acconto IRPEF prevista dall’art. 23 del d.P.R. n. 600/1973, sul valore dei buoni pasto fino a quattro euro, se cartacei, ovvero otto euro, se elettronici.

A giudizio di chi scrive i chiarimenti interpretativi forniti dall’Amministrazione Finanziaria con il documento di prassi in commento risultano utili, nonché pienamente condivisibili. A ben vedere, l’eventuale esclusione del lavoratore agile dai beneficiari del servizio sostitutivo di mensa sarebbe apparsa come del tutto ingiustificata, soprattutto in assenza di espresse deroghe contenute nella contrattazione collettiva. Come previsto dall’art. 20 del D.Lgs. n. 81/2017, infatti, il lavoratore agile ha diritto al “trattamento economico e normativo” non inferiore rispetto a quello riconosciuto ai lavoratori che eseguono le medesime mansioni, presso i locali aziendali, secondo i contratti collettivi. Ciò, come sostenuto da autorevoli commentatori(2), in considerazione delle natura del lavoro agile, che non rappresenta una nuova tipologia di lavoro subordinato, bensì semplicemente una modalità ulteriore di svolgimento della prestazione lavorativa.

Infine, i chiarimenti forniti dall’Amministrazione Finanziaria consentono forse di dissipare i dubbi interpretativi sorti tra gli operatori del settore in seguito ad alcune recenti statuizioni della giurisprudenza di merito: in particolare, il Tribunale di Venezia con la Sentenza n. 1069 dell’8 luglio 2020, intervenendo sul tema in seguito al riconoscimento dello smart working come la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nel periodo dell’emergenza epidemiologica da Covid-19(3), aveva escluso la compatibilità dei buoni pasto con la modalità di lavoro rappresentata dal lavoro agile.

Note

(1) In tal senso si veda anche la Risoluzione n. 118/E, con la quale sono stati forniti chiarimenti in relazione alla portata dell’art. 5, comma 1, lett. c) del DPCM 18 novembre 2005, la cui formulazione ricalca, ai fini fiscali qui d’interesse, quella del citato D.M. n. 112/2017.

(2) Cfr. Sbaraglia, Grasso, Lavoro agile, ticket esentasse, in Italia Oggi, 11.02.2021, 38.

(3) Sul punto si veda anche l’art. 87, comma 1 del D.L. n. 18/2020 (c.d. Decreto “Cura Italia”), convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27.