Il lavoro a termine agricolo non è per forza di cose “stagionale”

di Eugenio Erario Boccafurni*

* Le valutazioni espresse sono personali e non rappresentano il punto di vista dell’Ente di appartenenza

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La Cassazione con la sentenza n. 14236 pubblicata il 22.05.2024, ha ribadito taluni cruciali e consolidati princìpi in materia di contratti a termine e stagionalità.

Anzitutto, considerato il complesso del set di regole normative in tema di contratti a termine – artt. 5 e 10, D.Lgs. n. 368/2001; 19, 21 e 29, D.Lgs. n. 81/2015 – ha chiarito che «emerge che, nonostante le modifiche via via apportate alla disciplina dei contratti a tempo determinato, il concetto di attività stagionale deve essere inteso in senso rigoroso e quindi comprensivo delle sole “situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto, ossia ad attività preordinate ed organizzate per un espletamento temporaneo (limitato ad una stagione)” (così Cass. Sez. L – Ordinanza n. 34561 del 11/12/2023), le quali sono aggiuntive rispetto a quelle normalmente svolte dall’impresa, da ciò derivando che non solo grava sul datore di lavoro l’onere di dar prova del fatto che l’attività in concreto svolta dal lavoratore costituisca attività aggiuntiva rispetto a quella normalmente svolta e caratterizzata, appunto, dalla stagionalità, ma anche è inibita al datore la possibilità di adibire il lavoratore assunto a termine a mansioni che esorbitino dall’ambito della lavorazione stagionale».

Non solo, si è ribadito il valore dell’elencazione di cui al D.P.R. n. 1525/193: «l’elenco delle attività stagionali di cui al d.P.R. n. 1525/1963 è da considerarsi tassativo e non suscettibile di interpretazione analogica, vincolo, questo, che si riflette anche sulla contrattazione collettiva di cui all’art. 5, comma 4-ter, D.Lgs. 368/2001, la quale deve, a propria volta, elencare in modo specifico le attività caratterizzate da stagionalità».

Inoltre, a proposito di lavoro agricolo, si è affermato che esso non fa eccezioni a quanto sin qui esposto: «Tali conclusioni non possono trovare conforto neppure nell’affermazione per cui la naturale ciclicità temporale dell’attività agricola renderebbe il rapporto agricolo peculiare e giustificherebbe la possibilità di proroghe e/o rinnovi oltre il termine del triennio, dal momento che neppure la ciclicità dell’attività agricola consente eccezioni alla disciplina dei contratti a termine, dovendosi invece ritenere che i lavori adibiti stabilmente a mansioni che rispondono ad esigenze permanenti dell’attività stagionale debbano essere dipendenti a tempo indeterminato».