La terza dose vaccinale non solo non importa “benefici per la collettività”, ma può alterare il DNA in modo irreversibile: psicologa no vax deve poter riprendere il lavoro

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Con ordinanza cautelare emessa inaudita altera parte, accogliendo la richiesta di sospensiva formulata dalla ricorrente avverso il provvedimento emesso dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana con il quale ella era stata sospesa dall’esercizio della professione per il mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale ex art. 4, D.L. n. 44/2021 (conv. L. n. 76/2021), il Giudice del lavoro di Firenze ha autorizzato l’esercizio della professione senza sottoposizione al trattamento iniettivo contro il Covid-19 “lavorando in qualunque modalità (sia in presenza che da remoto) alla stessa stregua dei colleghi vaccinati”.

Invero – bene chiarirlo subito – trattasi di un arresto che non rappresenta un prius decisionalein materia, essendo note talune pronunzie sostanzialmente conformi alla presente oggetto di nota (Cfr. Trib. Padova del 28 aprile 2022, Trib. di Sassari del 9 giugno 2022, Trib. di Velletri del 14 dicembre 2021; TAR Lombardia del 26 aprile 22; Trib. Roma del 14 giugno 2022).

Tuttavia, l’iter argomentativo del tribunale toscano circa la sussistenza del fumus boni iuris a favore della professionista ricorrente meriterebbe una seria riflessione circa le argomentazioni svolte, e che analiticamente si vogliono ivi solo succintamente richiamare:

– i report di AIFA (al pari di quelli emessi da istituti di vigilanza europei come Euromomo o Eudravigilance) riportano un dilagare del contagio e dei decessi, con la formazione di molteplici varianti virali, proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi;

– la carta costituzionale, dopo l’esperienza del “nazi-fascismo”, non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo “vero o supposto”;

– il consenso informato dell’obbligato alla vaccinazione è sostanzialmente impossibile, atteso che “i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento è…coperto non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto militare”;

– l’obbligo vaccinale imposto viola manifestamente gli artt. 4, 32 e 36 della Costituzione, giacché, quest’ultima, “non consente allo Stato di imporre alcun obbligo di trattamento sanitario senza il consenso dell’interessato”;

– la recente normativa europea, su tutte “il Regolamento n. 953/21 e le Risoluzioni UE come la n. 2361/21”, vietano espressamente agli Stati membri di attuare discriminazioni in base allo stato vaccinale anti Covid-19;

– la psicologa ricorrente non può essere costretta, per poter sostentare sé stessa e la sua famiglia, “a sottoporsi a trattamenti iniettivi così invasivi da insinuarsi nel suo DNA alterandolo in un modo che potrebbe risultare irreversibile”. Si tratta di una pronuncia, dunque, che inevitabilmente è destinata a far discutere e che sembra ambire ad anticipare l’attesa decisione della Consulta circa la legittimità costituzionale della normativa oggetto di causa.