Contratti a termine con ente pubblico: rilevanza del documento di valutazione dei rischi per la validità del contratto a termine

Una lavoratrice, impiegata presso il Comune di Bologna come assistente ai servizi scolastici con numerosi contratti a termine dal 2012 al 2016, chiedeva dichiararsi la nullità dei termini apposti ai contratti perché stipulati senza l’indicazione della causale dell’assenza dei lavoratori sostituiti ovvero senza causa alcuna. I contratti inoltre, si deduceva, erano nulli per l’assenza del documento di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro.

Il Comune, costituendosi, indicava i nominativi dei lavoratori sostituiti nel corso dei primi contratti, senza specificare la ragione dell’assenza, mentre per quelli successivi motivava il termine apposto ai contratti “per la copertura di posti disponibili fino al termine dell’anno scolastico”.

Nulla risulta, in sentenza, sia stato eccepito in merito alla denunciata mancanza del documento di valutazione dei rischi da parte del Comune che, anzi, risulterebbe non averlo neppure prodotto, limitandosi ad enunciarne la mera esistenza.

Il giudice (Trib. Bologna, sentenza n. 34/2022, pubblicata il 04.03.2022) ritiene la legittimità dei contratti conclusi con la motivazione “in sostituzione di lavoratore assente” ritenendo che tale dizione sia legittima sotto due profili. Il primo che non potrebbe pretendersi l’indicazione della tipologia dell’assenza per motivi di privacy dell’interessato e, la seconda, che l’art. 7 del ccnl Enti locali prevede unicamente “l’indicazione del lavoratore sostituito e la ragione della giustificazione, indicata con il termine assenza”.

Il punto lascia qualche perplessità, poiché la ragione dell’“assenza” potrebbe essere utile ai fini della valutazione della legittimità della sostituzione: si pensi, semplicemente, al lavoratore assente per sciopero, circostanza che non giustifica certo la sostituzione operata. D’altronde la motivazione dell’assenza, ad esempio, per malattia, non può certamente giustificare una violazione della privacy, in assenza della specificazione di quale tipologia si trattasse, circostanza non certamente richiesta dal lavoratore nel giudizio.

Inoltre, non può che rilevarsi come, in realtà, la norma contrattuale citata dal giudice preveda l’apposizione del termine nelle ipotesi “a) per la sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto, ivi compresi i casi di personale in distacco sindacale e quelli relativi ai congedi previsti dagli articoli 4 e 5 della legge n.53/2000; nei casi in cui si tratti di forme di astensione dal lavoro programmate (con l’esclusione delle ipotesi di sciopero), l’assunzione a tempo determinato può essere anticipata fino a trenta giorni al fine di assicurare l’affiancamento del lavoratore che si deve assentare; b) per la sostituzione di personale assente per gravidanza e puerperio, nelle ipotesi di astensione obbligatoria e facoltativa previste dagli articoli 4, 5, 7 della legge n.1204/1971 e dagli articoli 6 e 7 della legge n.903/1977, come modificati dall’art.3 della legge n.53/2000; in tali casi l’assunzione a tempo determinato può avvenire anche trenta giorni prima dell’inizio del periodo di astensione”, così indicando le varie tipologie possibili che, di conseguenza, andranno specificate nel contratto a termine sostitutivo.

Il giudice, inoltre, ritiene infondata l’eccezione relativa alla denunciata mancanza del documento di valutazione dei rischi, poiché lo stesso risulterebbe reperibile e consultabile sul sito web del Comune, cosicché “tale eccezione appare meramente formale, a prescindere dalla reale situazione di fatto, sopra descritta”.

Anche sotto tale profilo la decisione non pare convincente.

Premesso che il documento di valutazione dei rischi va redatto per ogni sede lavorativa e il giudice non spiega se quello presente sul sito riguardi l’unità produttiva ove operava la lavoratrice o si tratti di un generico documento valido per tutta la struttura comunale, resta che le prescrizioni date dal D.Lgs. 81/2008, prevedono, tra l’altro, l’istruzione del lavoratore (art. 15, co. 1, lett. n) e la “Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti” (art. 37), attività queste che difficilmente possono essere effettuate con il mero rinvio alla documentazione (spesso poco comprensibile al singolo lavoratore) presente sul web.

Anche il fatto che il documento sia reperibile sul web non appare sufficiente ai fini della concreta conoscenza dei rischi sul luoghi di lavoro: Osserva infatti Tribunale Roma Sez. XIII, Sent.27/11/2018: “… Può in merito richiamarsi Cassazione Sez. II, n. 4951 del 2/2/2017, che, seppur pronunciata nel settore penale, enuncia una nozione di fatto notorio, condivisibile anche nel processo civile: “Pacifico è, infatti, che il ‘fatto notorio’ è quello che non richiede, pure in tema di valutazione indiziaria, la verifica del ‘probandum’, qualificandosi come tale ogni dato che può essere facilmente asseribile perché corrispondente a cognizioni comuni, storiche o ‘de rerum natura’ (Sez. 6, n. 4401 del 16/11/1994), quindi, sostanzialmente, un fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile. Certo è però che – anche indipendentemente dalla prova circa la verità o meno delle informazioni sulla società … ricavabili attraverso ricerche in internet – il fatto stesso che siano state necessarie ricerche per acquisire quelle informazioni rende ipso facto evidente che non si trattava certo di un fatto notorio. La circostanza che attraverso il ricorso ai moderni strumenti informatici un’informazione sia age-volmente accessibile ad una vasta platea di soggetti non rende di per sé ‘notoria’ l’informazione secondo le caratteristiche sopra indicate. Fuor di dubbio è, poi, il fatto che il Giudice non può raccogliere ed utilizzare prove da lui acquisite al di fuori del contraddittorio delle parti”.

Per quanto attiene il resto dei contratti, giustificati “per la copertura di posti disponibili fino al termine dell’anno scolastico”, il giudice ne rileva l’illegittimità secondo i criteri ormai stabiliti dalla giurisprudenza, liquidando un risarcimento del danno ex art. 36 d.lgs. 165/2001.