Il lavoro agile dell’emergenza sanitaria: la pronuncia del Tribunale di Roma sull’art. 39, co. 1, D.Lgs. n. 18/2020

di Maria Serpa

Abstract

A causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, l’impiego dello smart-working come modalità di prestazione dell’attività lavorativa, ha visto un utilizzo su larga scala. Tuttavia, a differenza dei presupposti che animavano l’intento del legislatore del 2017, lo smart-working emergenziale ha connotati diversi. Infatti l’emergenza epidemiologica non solo ha mutato il carattere contrattuale dello smart-woking pre-pandemia, divenendo scelta unilaterale del datore di lavoro, ma ne ha cambiato anche finalità, passando da strumento di work-life balance a strumento di prevenzione dei contagi. L’emergenza pandemica ha fatto venir meno anche altri elementi tipici della fattispecie dello smart-working come la flessibilità di orari e luoghi di lavoro, tanto che si è iniziato a parlare di un tertium genus: il cd home-working.

In questo quadro si colloca la pronuncia del Tribunale di Roma nella qualela necessità di controllare un figlio disabile,risulta meglio garantita dalla possibilità per la lavoratrice stessa di svolgere presso la propria residenza, in modalità smart-working, i compiti assegnati a quest’ultima dalla ASL datrice di lavoro. L’accoglimento della richiesta della ricorrente di svolgere l’attività in modalità smart non pregiudica l’espletamento del servizio alla stessa assegnato e non è incompatibile con esso. Il lavoratore dipendente, infatti, ai sensi dall’art. 39 co. 1 del D.L. n. 18/2020, gode di un vero e proprio diritto a svolgere la prestazione in modalità agile, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, qualora assista un disabile in condizione di gravità ex art. 3, co. 3, L.n. 104/1992, posto che la predetta modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Abstract 

Due to the health emergency from Covid-19, the use of smart-working as a way of providing work has seen a large-scale use. However, unlike the assumptions that animated the intent of the 2017 legislator, emergency smart-working has different connotations. In fact, the epidemiological emergency has not only changed the contractual nature of pre-pandemic smart-woking, becoming the employer’s unilateral choice, but has also changed its purpose, passing from a work-life balance tool to a contagion prevention tool. The pandemic emergency has also eliminated other typical elements of the case of smart-working such as the flexibility of working hours and workplaces, so much so that someone has begun to talk about a tertium genus: the so-called home-working.

The decision of the Court of Rome fits into this framework, in which the need to monitor a disabled child is better guaranteed by the possibility for the worker herself to carry out the tasks assigned to her by her employer in smart working mode at her residence. The acceptance of the applicant’s request to carry out the activity in smart mode does not affect the performance of the service assigned to her and is not incompatible with it. The employee, in fact, pursuant to art. 39 co. 1 of the D.L. n. 18/2020, enjoys a real right to perform the service in an agile mode, until the end of the epidemiological emergency from Covid-19, if she assists a disabled person in a serious condition pursuant to art. 3, co. 3, L. n. 104/1992, provided that the aforementioned method is compatible with the characteristics of the service.


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