La condotta antisindacale della Consulta non può essere vagliata dalla stessa Corte, bensì deve essere devoluta al giudice ordinario del lavoro.

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Il Collegio giudicante di primo grado costituito presso la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 2/2022, ha dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso promosso dalla CGIL – Corte costituzionale, per l’accertamento e la dichiarazione della natura antisindacale dei comportamenti attuati dalla medesima Consulta.

In particolare, il sindacato ricorrente affermava che la Corte, nel modificare il Regolamento dei servizi e del personale della Corte (RSP),  avrebbe violato il “Protocollo relazioni sindacali” del 2005, che prevede, tra l’altro, che “le proposte dell’amministrazione, quando si figurino questioni di carattere generale attinenti allo stato economico e giuridico del personale, alle condizioni di lavoro e ai sistemi di accesso ai ruoli della Corte, sono comunicate con un congruo anticipo alle organizzazioni sindacali per ricevere un parere che dovrà essere reso per iscritto al Segretario generale entro un congruo termine …”.

Nella specie, la modifica del Regolamento ha riguardato la riduzione dell’organico, una procedura di stabilizzazione di lavoratori “a comando e contratto, una contestuale riqualificazione delle qualifiche funzionali, la modifica degli inquadramenti e mansioni e l’introduzione di incarichi speciali con l’approvazione delle relative tabelle indennitarie”.

A parere della CGIL, nell’iter di tale modifica, i rappresentanti sindacali sono stati consultati solo in parte, “avendo ricevuto inadeguati flussi informativi senza possibilità di incidere sul processo decisionale tramite contrattazione o effettiva concertazione.”

Per tali ragioni, il sindacato ha chiesto il riconoscimento, nell’alveo dell’autodichia di cui è titolare la Corte, di un’azione analoga a quella prevista per la generalità dei lavoratori del settore pubblico e privato ex art. 28 Stat. Lav.

Il Collegio, investito della questione, ritiene, innanzi tutto, che il ricorso presenterebbe profili di inammissibilità nella parte in cui viene censurata la concessione di aumenti retributivi non previamente contrattati con le organizzazioni sindacali, in quanto, secondo l’orientamento della Cassazione (v. Cass. n. 5343/2005), tale concessione “non integra alcun comportamento antisindacale anche nella ipotesi in cui la decisione di aumentare la retribuzione sia stata adottata unilateralmente e il sindacato non sia stato coinvolto.”

In relazione, poi, alla richiesta del sindacato inerente il riconoscimento della condotta antisindacale della Corte da parte della medesima Consulta, il Collegio ritiene di declinare la propria giurisdizione in favore del giudice del lavoro, in quanto “non vi è alcuna disciplina, nell’ambito delle norme interne della Corte costituzionale, che legittimi il ricorso giurisdizionale in autodichia di organismi rappresentativi sindacali interni alla Corte tanto più che la lesione prospettata attiene a comportamenti omissivi o commissivi non esternati nella forma di provvedimenti amministrativi, come tali non interessanti in maniera diretta e immediata i singoli dipendenti ma un organismo rappresentativo degli stessi che incide a far valere posizioni soggettive e prerogative a esso solo riferibili”.

“L’autonomia normativa degli organismi costituzionali […] ha un fondamento che ne rappresenta anche il confine giacché, se è consentito agli Organi costituzionali disciplinare il rapporto di lavoro con i propri dipendenti, non spetta invece loro, in via di principio, ricorrere alla propria potestà normativa né per disciplinare rapporti giuridici con soggetti terzi, né per riservare agli organi di autodichia la decisione di eventuali controversie che ne coinvolgono le situazioni soggettive […]. Del resto, queste ultime controversie, pur potendo avere a oggetto rapporti non estranei all’esercizio delle funzioni dell’Organo costituzionale, non riguardano in principio questioni puramente interne a esso e non potrebbero perciò essere sottratte alla giurisdizione comune” (Corte Cost. n. 262/2017).